Cosa succede nel caso di mancata segnalazione di infortunio o malattia professionale

A quali conseguenze vado incontro se come lavoratore non “segnalo” un infortunio o una malattia professionale? E’ una domanda che ci viene spesso posta. Ecco la risposta:

Cosa succede se non segnalo un infortunio sul lavoro

Per quanto riguarda gli infortuni, il caso di Roberto, cameriere in un bar, è purtroppo significativo. Si è rivolto a noi, perché tempo fa, trasportando una cassa di bibite dalla cantina al locale è inciampato in un gradino cadendo rovinosamente per la ripida scalinata. Per scarsa conoscenza dei suoi diritti e infondati timori di avere problemi, Roberto non dichiarò al Pronto Soccorso che la caduta era avvenuta durante il lavoro 

Tutto venne gestito come malattia comune dall’Inps (un lungo periodo di malattia!). Col tempo, le conseguenze dell’infortunio si sono fatte sentire e Roberto accusa dei danni irreversibili. Purtroppo, l’incidente è avvenuto più di tre anni fa e quindi non è più possibile attivare la richiesta di riconoscimento del caso come infortunio all’Inail e far ottenere a Roberto gli indennizzi dovuti. Ricordiamo infatti che il termine entro il quale è possibile segnalare un infortunio lavorativo è di tre anni dalla data dell’evento. Mentre per la malattia comune è prevista solamente un’indennità per il periodo di assenza dal lavoro, in ambito Inail è previsto anche un indennizzo dei postumi permanenti che varia a seconda della percentuale di danno riconosciuta (si va da un indennizzo una tantum per percentuali tra il 6% e il 15%, alla costituzione di una rendita mensile per percentuali a partire dal 16%). 

Cosa succede se non segnalo una malattia professionale

Per quanto riguarda invece le malattie professionali, il problema di una tardiva richiesta di indennizzo è un po’ più complesso perché rimanda anche alla distinzione normativa tra malattie tabellate e non tabellate. Infatti, per le malattie tabellate, il riconoscimento è agevolato, nel senso che è presunto per legge nel momento in cui sussistono tre elementi: la patologia, il tipo di lavorazione indicata nella tabella e un tempo massimo di insorgenza dalla cessazione dell’attività lavorativa a rischio. Se manca uno di questi tre elementi, la malattia non è più tabellata e l’onere della prova ricade sul lavoratore. Per capirci ci vengono in soccorso i casi di Gianfranco e Nicola, due lavoratori (stessa tipologia di lavoro) che si sono rivolti a noi per un problema di ernie discali lombari (patologia prevista nelle tabelle). Tuttavia, pur nella similitudine dei casi, i risultati sono stati – al momento – diversi.  

Gianfranco ha presentato domanda di malattia professionale quando ancora era in attività lavorativa. La malattia professionale è stata riconosciuta e ha ottenuto un indennizzo di circa 21.000 euro dall’Inail. Nicola invece ha presentato domanda quando era già in pensione da quasi tre anni e l’Inail ha respinto la domanda, in quanto la malattia non è considerata tabellata perché ha superato il tempo massimo previsto dalla cessazione dell’attività lavorativa. Per Nicola è stata ora avviata una causa legale (che comporta comunque un’incertezza, tempi più lunghi e costi). Tutto ciò non esclude che si possa comunque presentare una domanda di malattia professionale anche dopo il pensionamento, ma ciò può comportare maggiori difficoltà nell’ottenerne il riconoscimento 

Gli indennizzi per le malattie professionali funzionano come per gli infortuni, e quindi variano rispetto alle percentuali di danno riconosciute (possono esserci indennizzi una tantum, oppure con costituzione di rendita mensile).  

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Massimo Calestani