Cresce l’aspettativa di vita: dal 2019 in pensione a 67 anni

Siamo i primi in Europa. Dal 2019 la pensione di vecchiaia scatterà a 67 anni e non più a 66 anni e 7 mesi, com’è adesso.

Al momento l’Italia guida la classifica europea per quanto riguarda l’età necessaria per lasciare il posto di lavoro. La Germania arriverà ai livelli italiani soltanto nel 2030 e la Francia toccherà “quota 67” nel 2022.

I dati ufficiali sono arrivati, l’ISTAT ha certificato che l’aspettativa di vita degli italiani, cioè il tempo che in media resta da vivere una volta superata quella soglia, nell’ultimo triennio è aumentata: un sessantacinquenne ha oggi un’aspettativa di vita pari a 20,7 anni.

In assenza di novità legislative, quindi, il decreto Ministeriale dovrà stabilire entro la fine dell’anno un incremento dei requisiti per l’accesso alla pensione di 5 mesi.

Il meccanismo fu introdotto per la prima volta dal 2010 e da allora si è stabilito che i requisiti di età anagrafica e di anzianità contributiva per il calcolo dell’uscita dal mondo del lavoro avrebbero dovuto essere aggiornati a cadenza programmata.

 Gli incrementi dell’aspettativa di vita già applicati ai requisiti d’accesso alle pensioni sono stati:

  • 3 mesi per il triennio 2013/2015
  • 4 mesi (in aggiunta ai 3 mesi) per il triennio (2016/2018)

Per il biennio 2019/2020 si prospetta, come detto, l’ulteriore incremento di 5 mesi.

In meno di dieci anni, quindi, i requisiti risultano incrementati di 1 anno intero, parliamo di 12 mesi. E dal 2019 l’adeguamento all’incremento dell’aspettativa di vita sarà biennale.

Non va dimenticato che al meccanismo dell’adeguamento all’aspettativa di vita è agganciato anche l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione del montante contributivo. L’effetto congiunto dell’innalzamento dell’età con i coefficienti di trasformazione sarà negativo per i futuri pensionati: alla ritardata pensione si aggiungerà anche il calcolo meno favorevole.

 

I coefficienti di trasformazione sono valori che concorrono al calcolo della pensione con metodo contributivo. Grazie a questi valori il montante contributivo versato dal lavoratore durante la sua vita lavorativa viene trasformato nella pensione che sarà messa in pagamento. I coefficienti di trasformazione variano in base all’età anagrafica del lavoratore nel momento in cui consegue la prestazione previdenziale.

 

Oltre all’innalzamento dell’età da raggiungere per poter andare in pensione, bisognerà considerare l’aspetto economico: le pensioni avranno importi inferiori che determineranno una minor qualità della vita.