Patronati d’Italia e INAIL insieme per la tutela dei lavoratori contro le malattie professionali

Si è concluso lo scorso 20 marzo con l’incontro di Roma presso la Direzione generale dell’INAIL, il ciclo di quattro giornate seminariali organizzate da INAIL e i Patronati d’Italia (Patronato Acli/ACLI, Inas/CISL, Inca/CGIL e Ital/UIL) dedicate al tema delle tutele contro le malattie professionali.

Gli appuntamenti si sono svolti a partire dallo scorso luglio con una serie di incontri interregionali in Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia, Lazio, con il coinvolgimento di esperti e medici legali.

L’iniziativa è nata con l’obiettivo di affrontare le varie problematiche relative alla gestione delle domande di riconoscimento delle malattie professionali, facendo in modo che ci sia uniformità nelle valutazioni delle patologie su tutto il territorio nazionale per migliorare il livello della tutela garantita ai lavoratori. Per fare questo è fondamentale rilanciare anche a livello locale l’importanza della collaborazione tra INAIL e i Patronati d’Italia.

«Il dialogo proseguirà in modo stabile a livello territoriale e centrale – come ha sottolineato nel suo saluto il Direttore Generale dell’Istituto, Giuseppe Lucibello –. Il confronto con il Patronato è da sempre parte del nostro modo di lavorare e oggi c’è la necessità di arricchirlo ulteriormente per fare fronte alle difficoltà operative con cui dobbiamo misurarci, che nascono anche dalla progressiva riduzione della nostra forza lavoro».

Alla tavola rotonda sono intervenuti Agatino Cariola, Direttore Centrale Rapporto Assicurativo INAIL e Martino Troncatti, vicepresidente nazionale Patronato Acli e presidente del Centro Patronati (CePa), che hanno introdotto i lavori, cui sono seguiti gli interventi di Marco Bottazzi, consulente medico legale del Patronato Inca e di Mario Gallo, Sovraintendente Medico Centrale INAIL.

L’intervento di Agatino Cariola si è concentrato sui grandi cambiamenti del mondo del lavoro nell’ultimo decennio, con contratti più precari e in condizioni di lavoro sottoposte a continue modifiche per i cambiamenti tecnologici e organizzativi, con la tendenza a passare più velocemente rispetto al passato da una realtà lavorativa ad un’altra.

Tutto questo influisce anche sui rischi per la salute a cui sono sottoposti i lavoratori e, di conseguenza, anche sul quadro delle malattie professionali denunciate e riconosciute.

«Parlare delle malattie professionali – ha sottolineato – significa parlare del lavoro che cambia. Nel momento in cui si devono valutare le cause di una patologia, bisogna conoscere bene il percorso professionale del lavoratore. Dobbiamo esplicitare le nostre regole di ingaggio». 

Inoltre il Direttore Generale ha rigettato come “leggenda metropolitana” l’idea che «l’Istituto abbia dei budget da rispettare per il riconoscimento delle malattie professionali, perché non ci sono problemi di finanziamento delle prestazioni», aggiungendo che «serve una maggiore chiarezza nei nostri provvedimenti, per consentire al lavoratore e al Patronato a cui si è rivolto di conoscere le motivazioni che hanno portato al rigetto dell’istanza».

Anche per Martino Troncatti, vicepresidente nazionale del Patronato Acli e presidente del CePa, «il tema della chiarezza delle motivazioni dei rigetti delle istanze è molto importante». Per ridurre il rischio di contenzioso, infatti, «dovrebbe sempre essere indicato qual è la documentazione mancante ritenuta indispensabile dall’Inail per la definizione del caso». Troncatti ha concluso il suo intervento affermando che all’assicurato deve essere garantita la possibilità di acquisire la cartella clinica dell’Istituto e la relativa documentazione, compresi gli accertamenti specialistici, di laboratorio e strumentali, per poter valutare con maggiore consapevolezza l’opportunità di intraprendere ulteriori iter medico-legali, amministrativi o giudiziari.

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