8 maggio festa della mamma

Care mamme, in questi giorni riceverete fiori, regali, buoni sconto. Noi possiamo offrire i nostri servizi, come sempre gratuiti, e la nostra professionalità. Abbiamo pensato di farvi i nostri più sinceri e cari auguri e fornirvi prime informazioni, utili per districarsi tra norme e diritti. Promettiamo di tenervi sempre aggiornate.

I diritti delle mamme

La lavoratrice in maternità

Ha diritto a non essere licenziata

Dall’inizio della gravidanza fino al compimento del 1° anno di vita del bambino non può essere licenziata.

Ci sono alcuni casi in cui il divieto non si applica:

  • colpa grave da parte della lavoratrice
  • cessazione dell’attività dell’azienda
  • ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice era stata assunta o scadenza del contratto a termine
  • esito negativo del periodo di prova

Per le adozioni e gli affidamenti il divieto di licenziamento opera fino ad un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.

Per le adozioni internazionali il divieto ha inizio dalla comunicazione della proposta di incontro col minore o da quella dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento.

Non può vedersi assegnare lavori rischiosi e pericolosi

Dalla comunicazione dello stato di gravidanza e fino a 7 mesi di età del figlio la lavoratrice non può essere adibita dal datore di lavoro a lavori pericolosi, faticosi e insalubri.

La lavoratrice in questo periodo va assegnata a mansioni diverse (anche inferiori, ma mantenendo il livello retributivo) che non siano di danno per la salute e la sicurezza della mamma e del nascituro.

Questo divieto vale anche in caso di affidamento o adozione di bambini di età inferiore ai 7 mesi.

Può usufruire di permessi per controlli prenatali

Le lavoratrici gestanti hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche, se eseguiti durante l’orario di lavoro.

Per fruire dei permessi la lavoratrice deve presentare richiesta al datore di lavoro e successivamente fornire la documentazione attestante data e ora dei controlli effettuati.

In caso di dimissioni

A volte è la lavoratrice madre a voler cessare il rapporto di lavoro e, a seconda dell’età del bambino, cambiano procedura e conseguenze.

Le lavoratrici che si dimettono entro il compimento del 1°anno di vita del bambino o dall’ingresso del bambino nel nucleo familiare non sono tenute a rispettare il preavviso al datore di lavoro, ed a loro spettano tutte le indennità previste dal contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento in caso di cessazione del contratto di lavoro.

Se ne hanno i requisiti contributivi possono richiedere l’indennità Naspi.

Le dimissioni sono ancora cartacee e devono – per essere efficaci – venire convalidate dalla lavoratrice avanti la Direzione Territoriale del Lavoro. Non va utilizzata la procedura delle dimissioni on-line introdotta per la generalità dei lavoratori a partire dal 12 marzo 2016.

Le risoluzioni consensuali e le dimissioni volontarie entro il 3° anno di vita del bambino sono soggette a convalida avanti la Direzione Territoriale del Lavoro.

Le risoluzioni consensuali e le dimissioni volontarie di lavoratrici con figli di età superiore ai 3 anni seguono le regole previste per la generalità dei lavoratori sia per quanto riguarda il preavviso che per la modalità di comunicazione: le dimissioni devono essere on-line.

Ha diritto al rientro e alla conservazione del posto di lavoro

La lavoratrice al termine dei periodi per i quali c’è obbligo di astensione dal lavoro ha diritto:

  • a conservare il posto di lavoro
  • a rientrare nella stessa unità produttiva ove era occupata all’inizio del periodo di gravidanza salvo che espressamente vi rinunci
  • ad essere adibita e a svolgere le stesse mansioni svolte prima dell’astensione
  • di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali del lavoro (CCNL) e dalle leggi.

Gli stessi diritti si applicano in caso di adozione e di affidamento fino a un anno dall’ingresso del minore nel nucleo familiare.

Il congedo di maternità

Congedo di maternità o periodo di astensione obbligatoria

Il periodo di astensione obbligatoria per maternità ha una durata normale di 5 mesi, così determinata:

  • 2 mesi precedenti la data presunta del parto (DPP)
  • 3 mesi successivi alla data presunta del parto

Se il parto avviene anticipatamente o successivamente alla data presunta, il congedo non potrà mai essere inferiore a 5 mesi, ma potrà risultare superiore ai 5 mesi (nascite precedenti l’inizio del periodo di congedo di maternità o successive alla data presunta del parto).

Il congedo di maternità è computato nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie.

Il periodo di maternità è coperto da contribuzione figurativa.

Casi di interruzione del congedo di maternità

La lavoratrice può riprendere l’attività lavorativa – riconoscendo un preavviso di 10 giorni al datore di lavoro – in caso di:

  • interruzione della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione
  • in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità

Per fruire di tale facoltà la lavoratrice deve presentare i certificati di nullaosta e di non pregiudizio alla salute rilasciati dal medico specialista del servizio sanitario nazionale (o convenzionato) e dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

Casi di rinvio e sospensione del congedo di maternità

In caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata, la lavoratrice può riprendere l’attività lavorativa, sospendendo il congedo di maternità fino a che il bambino non viene dimesso dalla struttura stessa.

Questa facoltà può essere esercitata una sola volta per ciascun figlio e la lavoratrice, per riprendere l’attività lavorativa, deve produrre attestazione medica di compatibilità del suo stato di salute con la ripresa dell’attività lavorativa.

Congedo di maternità anticipato

In alcuni casi l’astensione dal lavoro può essere anticipata; organi competenti ad autorizzare l’anticipo sono le Direzioni Territoriali del Lavoro e le Aziende Sanitarie Locali (ASL – AUSL – ASER, etc.).

La lavoratrice si rivolge al competente ufficio dell’azienda sanitaria locale nel caso di gravi complicanze della gravidanza o patologie che si presume possano venire aggravate dallo stato di gravidanza.

L’autorizzazione, rilasciata entro 7 giorni, indica anche la durata dell’anticipo: settimane, mesi o fino all’inizio del congedo ordinario.

Quando sono le condizioni di lavoro o quelle ambientali ad essere pregiudizievoli per la salute della donna e/o del bambino e quando la lavoratrice non può essere adibita ad altre mansioni all’interno della stessa azienda, la competenza spetta alla Direzione Territoriale del Lavoro che interverrà previa domanda della lavoratrice o del datore di lavoro.

La flessibilità del congedo di maternità

È vietato svolgere attività lavorativa nei due mesi precedenti la data presunta del parto.
La lavoratrice però ha la facoltà di spostare l’inizio del congedo di maternità, quindi di lavorare nell’8° mese di gravidanza, così da poter fruire di 4 mesi di congedo post partum.

Per fruire di tale opzione (detta flessibilità) la lavoratrice deve avere a proprie mani certificati di nullaosta al lavoro nell’8° mese rilasciati dal medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale (o convenzionato) e dal medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro.

I certificati devono essere rilasciati in prossimità della fine del 7° mese, non troppo anticipo e mai successivamente.

Se l’azienda non è tenuta ad avere medico competente rilascerà alla lavoratrice apposita dichiarazione nella quale precisa che l’azienda non è soggetta a tale obbligo.

Durante l’8° mese di gravidanza qualsiasi malattia determina la fine della flessibilità e l’inizio del congedo di maternità.

Indennità di maternità

La lavoratrice durante l’assenza dal lavoro per congedo di maternità ha diritto a percepire l’indennità di maternità, pari all’80% della retribuzione.

L’indennità è a carico dell’INPS, il pagamento è generalmente anticipato dal datore di lavoro, ad eccezione alcune categorie di lavoratrici: domestiche, agricole, dipendenti pubbliche.

Per percepire l’indennità è necessario inoltrare apposita domanda telematica all’INPS, ad eccezione delle dipendenti pubbliche che inoltrano la domanda all’Amministrazione di appartenenza.

Alcuni contratti collettivi nazionali del lavoro prevedono l’integrazione al 100% della retribuzione a carico del datore di lavoro.

L’indennità di maternità è calcolata sulla retribuzione media del periodo di paga mensile (o quadri settimanale) immediatamente precedente l’inizio del congedo, comprensivo delle quote di tredicesima e altri premi e mensilità.

Indennità di maternità e cessazione o sospensione del rapporto di lavoro

In alcuni casi l’indennità di maternità viene erogata anche se la lavoratrice ha cessato o sospeso il rapporto di lavoro, si parla di prolungamento del diritto all’indennità di maternità.

Di seguito i principali casi.

  • Quando il rapporto di lavoro cessa per colpa grave della lavoratrice, per scadenza contratto o cessazione dell’attività dell’azienda, durante il congedo di maternità, l’indennità di maternità sarà corrisposta direttamente dall’INPS per i restanti periodi di congedo di maternità.
  • Se all’inizio del periodo di congedo di maternità, la lavoratrice è sospesa, assente dal lavoro senza retribuzione, ovvero, disoccupata, l’indennità di maternità sarà erogata purché tra l’inizio della sospensione, dell’assenza o della disoccupazione e quello del congedo non siano decorsi più di 60 giorni.
  • Se all’inizio del congedo di maternità sono trascorsi 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro e la lavoratrice è disoccupata ed in godimento dell’indennità Naspi, la stessa ha diritto all’indennità di maternità (previa presentazione della domanda) per i 5 mesi corrispondenti al congedo di maternità. Successivamente riprenderà l’erogazione della residua indennità Naspi.
  • Se all’inizio del congedo di maternità sono trascorsi 60 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro e la lavoratrice è disoccupata ma senza indennità perché nel biennio ha prestato attività lavorativa senza assicurazione contro la disoccupazione, avrà diritto all’indennità di maternità, purché al momento dell’inizio del congedo di maternità non siano trascorsi più di 180 giorni dalla cessazione e se nel biennio precedente risultino almeno 26 contributi settimanali.

Il congedo parentale

Congedo parentale o astensione facoltativa

Il congedo parentale è la facoltà, concessa ai genitori, di astenersi dal lavoro per un periodo complessivo non superiore a 10 mesi (11 nel caso il padre fruisca di almeno 3 mesi) per ciascun figlio, entro i primi suoi 12 anni di vita.

La lavoratrice madre può fruire del congedo parentale solo dopo aver terminato quello di maternità.

Il congedo parentale per la mamma non può essere superiore a 6 mesi (180 giorni), salvo non sia genitore solo, in questo caso il limite sale a 10 mesi.

Il congedo può essere fruito in maniera continuativa ma può essere frazionato a mesi, settimane, giorni, o ad ore.

Quando si fruisce del congedo parentale frazionato, i sabati e le domeniche vengono conteggiate se non c’è ripresa lavorativa tra un periodo di congedo parentale ed il successivo.

La norma stabilisce che siano i contratti collettivi nazionali del lavoro a regolare le modalità di fruizione ad ore del congedo parentale ma, in mancanza di specifica previsione, la lavoratrice può chiedere di fruire del congedo su base oraria in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga quadrisettimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo stesso.

Il congedo parentale ad ore non è cumulabile con permessi o riposi previsti dal decreto legislativo 151/01 (ad esempio nella medesima giornata non potrà fruirsi di riposi per allattamento e di congedo parentale ad ore).

Per fruire del congedo parentale è necessario inoltrare apposita domanda telematica all’INPS dando, salvo casi di oggettiva impossibilità, apposito preavviso al datore di lavoro.

La scelta sul come e quando fruire del congedo parentale spetta alla lavoratrice e non al datore di lavoro.

Il congedo parentale spetta anche nel caso di adozione, nazionale e internazionale, e di affidamento.

Il congedo parentale può essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l’età del minore, entro 12 anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età.

I periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.

Congedo parentale prolungato per minori con handicap grave

Per ogni minore con handicap in situazione di gravità (Art. 3, c. 3, legge 104/92) la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento del 12° anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale per un periodo massimo, comprensivo dei periodi ordinari, non

superiore a 3 anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.

Il prolungamento del congedo parentale è alternativo ai riposi giornalieri di due ore prevista fino al 3° anno di vita nel caso di bambino portatore di handicap in stato di gravità.

Il prolungamento decorre dal termine del periodo corrispondente alla durata massima del congedo parentale ordinario spettante alla lavoratrice.

Indennità per congedo parentale

Durante il congedo parentale alle lavoratrici è dovuta fino al 6° anno di vita del bambino, un’indennità pari al 30% della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di 6 mesi. L’indennità è calcolata sulla retribuzione media del periodo di paga mensile (o quadri settimanale) immediatamente precedente l’inizio del congedo, comprensivo delle quote di 13° e altri premi e mensilità.

Per i periodi di congedo parentale eventualmente fruiti oltre il 6° e fino all’8° anno di vita del bambino, l’indennità spetta a condizione che il reddito individuale sia inferiore, per il 2016 ad € 16.311,43.

Per i periodi di congedo parentale fruiti oltre l’8° anno di vita del figlio e fino al 12° non spetta alcuna indennità.

Nel caso di prolungamento del congedo parentale per minore portatore di handicap l’indennità spetta per tutto il periodo di prolungamento del congedo.

Prestazioni assistenziali

Se sei un cittadino membro dell’Unione europea hai diritto all’indennità di disoccupazione per un periodo massimo di 3 mesi, a condizione che:

  • risulti iscritto nelle liste di collocamento da almeno 4 settimane presso il Centro dell’Impiego della città in cui risiedi;
  • ti iscriva come richiedente lavoro presso l’Administration pour l’Emploi (ADEM) entro 7 giorni dopo aver lasciato il Centro per l’Impiego del tuo Paese di origine;
  • sia munito del formulario E303.

Per sollecitare un attestato di registrazione occorre che l’importo dell’indennità di disoccupazione del Paese di origine sia almeno equivalente all’importo del reddito minimo garantito in Lussemburgo.

I riposi giornalieri per allattamento

Nel 1° anno di vita del bambino le lavoratrici hanno diritto a permessi giornalieri da dedicare all’allattamento ed alla cura del neonato.

Cosa spetta

Spettano 2 ore di riposo – considerate ore lavorative a tutti gli effetti – anche cumulabili, nell’arco della giornata.

Se l’orario giornaliero di lavoro è inferiore alle 6 ore oppure se la lavoratrice fruisce dell’asilo nido aziendale (o nelle vicinanze) spetta 1 sola ora di riposo al giorno.

In caso di parti plurigemellari, i periodi di riposo sono raddoppiati.

Come usufruirne

Le modalità di fruizione dei riposi devono essere concordate tra lavoratrice e datore di lavoro al fine di rispondere alle reciproche esigenze.

Il congedo per malattia bambino

Durata del congedo

I genitori, alternativamente, hanno diritto di astenersi dal lavoro durante i periodi di malattia dei figli.

La durata del congedo varia al variare dell’età del figlio:

  • fino a 3 anni di età il congedo per malattia non ha limiti
  • quando il figlio ha un’età superiore a 3, e fino ad 8 anni, il congedo spetta nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno
  • superati gli 8 anni non è previsto alcun congedo per malattia

Retribuzione e contributi

L’assenza per malattia del figlio non è retribuita, fatte salve eventuali condizioni di miglior favore previste dai contratti collettivi di qualsiasi livello.

Nel settore pubblico impiego, l’assenza per malattia del figlio di età non superiore ai tre anni è retribuita per un periodo massimo di trenta giorni l’anno.

I periodi di congedo per la malattia del figlio sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia.

Le assenze per malattia del bambino sono coperte da contribuzione figurativa (ovviamente chi ha i periodi retribuiti avrà contribuzione effettiva).

Il congedo per la malattia del bambino spetta anche per le adozioni e gli affidamenti.